Trieste
- La vecchia Lanterna sul
Molo Fratelli Bandiera (Molo Teresiano) |
Costruzione del Molo Teresiano: Sullo scoglio dello Zucco, attualmente inglobato dal molo Fratelli Bandiera, già in epoca romana esisteva un sistema di segnalazione. Nel '600, come ex voto di un capitano imperiale, venne eretta una cappella dedicata a San Nicolò, che al suo interno aveva una lampada sempre accesa con la funzione di segnale marittimo. Nel 1734 l'ammiraglio Luca Pallavicini, comandante della Marina di guerra austriaca, vi fece costruire una batteria, parte del piano per la difesa marittima della città. In quell'occasione vennero abbattuti i ruderi della cappella dedicata a San Nicolò. Nel 1744 Maria Teresa iniziò la poderosa e onerosa costruzione di un molo, che sarà chiamato Teresiano in onore dell'Imperatrice (oggi Fratelli Bandiera), che collegasse la terraferma allo scoglio dello Zucco, anche con l'intento di sostituire la batteria che si trovava all'estremità del molo con una fortezza militare. Il progetto fu affidato all'ingegner Francesco Saverio Bonomo, ma causa una truffa reiterata da parte dell'appaltatore, ci fu un processo che portò alla sospensione dei lavori, alla ripresa l'incarico venne affidato al veneziano Matteo Pirona che portò a compimento il fortino pentagonale che divenne operativo nel 1787 quando fu armato con otto cannoni, un forno per arroventare i proiettili e un posto di guardia.(da: triestesegreta.blog - Margherita Tauceri) |
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Il 23 giugno 1831 ebbero inizio i lavori, affidati a Valentino Valle ed essendo il monumento realizzato interamente in pietra calcarea vennero assunti provetti scalpellini. La parte esterna del preesistente bastione pentagonale fu conservata, mentre internamente venne demolito per la costruzione di nuove e più solide fondamenta, in fase di lavorazione, al fine di dare maggior slancio alla costruzione, si aumentò l'altezza del fusto, come suggerito dalla Direzione alle fabbriche di Vienna. La Lanterna iniziò la sua funzione marittima l'11 febbraio 1833, Mario Zerboni scrive che "i festeggiamenti cittadini furono posticipati al 3 novembre dello stesso anno. Si volle infatti abbinare il completamento della tanto attesa opera alla ricorrenza del Patrono San Giusto. E fu festa grande che coinvolse tutta la comunità tergestina. Questo slancio popolare, verso un'opera tanto attesa, ebbe modo di manifestarsi anche in successive occasioni e ricorrenze. Allora la Lanterna veniva illuminata con una miriade di luci per cui appariva come la vera regina delle feste notturne..." |
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Ultimo restauro: Quando il 24 novembre del 1990 iniziarono i lavori di restauro all'interno della Lanterna vennero trovate molte pareti divisorie realizzate da una quarantina di profughi istriani che furono ospitati dopo il 1945, tutti fanalisti provenienti dalla costa istriana e dalmata. Il riattamento fu lungo e complesso, ci fu un consolidamento delle strutture murali e una nuova sistemazione degli interni per adattarli alle esigenze della sede sociale della Lega Navale, con una segreteria, una sala riunioni, una sala consiglio, un'aula didattica e al piano superiore un elegante ristorante riservato ai soci. Nella Lanterna venne ripristinata una luce simbolica, infatti, la "macchina della luce" originale a suo tempo smontata, si trova presso il Museo Navale di La Spezia. Conclusi i lavori il 18 gennaio 1992 ci fu l'inaugurazione della nuova sede della sezione di Trieste della Lega Navale Italiana. Il monumento è interessante da visitare e dalla terrazza si gode di una splendida vista. Testi consultati: La Lanterna - Trieste sono io a cura di Alessandro Paglia Il Faro della Lanterna di Marino Zerboni San Vito di Alfieri Seri - Sergio degli Ivanissevich Trieste Storia e Arte tra vie e piazze di Silvio Rutteri (da: triestesegreta.blog - Margherita Tauceri) |
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I
bagni pubblici a Trieste dalla fine del XIX secolo Il dott. Antonio Iellrsitz, in occasione della conferenza tenutasi alla Società Triestina d'Igiene nel 1896, così esordiva: "Posto precipuo ebbero sempre i bagni quale mezzo potentissimo a mantenere la salute, a prevenire e combattere i gravi morbi, a illeggiadrire il corpo e consolidare lo spirito. Ma mentre la scienza, in ogni modo e con ogni sforzo, tenta di preservare l'umanità dai molteplici pericoli che minacciano la sua esistenza ed il suo sviluppo, riesce doloroso di vedere constatare, come troppo di frequente, la umanità istessa, trascurando siffatti principi igienici fondamentali, contribuisca al proprio deperimento". Alla fine del XIX secolo si lamentava a Trieste la mancanza di specifiche strutture permanenti che permettessero ai cittadini di usufruire dei benefici del bagno, di fatto esisteva solo la possibilità di avvalersi, data la naturale conformità delle coste, delle rive della zona di S. Andrea, ovviamente solo durante la stagione estiva. Ma la situazione non doveva essere particolarmente felice, se è vero che le spiagge, a ridosso degli opifici industriali, si presentavano in condizioni igienico-sanitarie alquanto disastrose, prive com'erano di qualsiasi comodità, decenza e pulizia. La soluzione si prospettò, alla fine del secolo, allorquando il Comune ottenne in concessione il tratto di spiaggia dietro il molo di Santa Teresa. Il Bagno Popolare Alla Lanterna, ormai noto familiarmente come "Pedocin", fu aperto nel 1903 e costruito dalla Ditta Rocco & Compagni che ne fu, probabilmente, anche l'artefice del progetto. Lo stabilimento mantiene ancora oggi, cosa ormai unica nel suo genere, l'originaria divisione tra la parte maschile e quella femminile. Un alto muro bianco, all'epoca della sua apertura, di legno, giunge quasi a lambire l'acqua, evitando così ogni contatto visivo tra uomini e donne, riuscendo a mantenere viva una tradizione ormai più che centenaria. Il molo, su cui si sviluppa lo stabilimento, poggia sui resti di un'antica struttura di derivazione romana che congiungeva la terra ferma con l'isolotto detto dello Zuccho e la cui struttura era ancora visibile, durante la bassa marea, all'inizio del XVIII secolo. Lasciato andare in rovina per lungo tempo, l'opera venne ripristinata già all'epoca di Carlo VI allorquando si pose la necessità di difendere il nuovo Lazzaretto di S. Carlo dalla violenza dei marosi. Il completamento del molo si deve invece a Maria Teresa, la quale, nel 1750, riprese il lavoro paterno con lo scopo di evidenziarne il carattere difensivo, munendo il terrapieno di cannoni. Il molo mantenne la sua caratteristica militare fino alla metà dell'800 allorquando, una volta spianati gli spalti, venne allargato. Il Bagno alla Lanterna fu restaurato nell'immediato dopoguerra a causa dei danni subiti durante i bombardamenti del 1944. (da: http://biblioteche.comune.trieste.it) |
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Il
Bagno Ausonia in Riva Traiana. Agli inizi del '900 le Rive di Trieste furono interessate
da profondi lavori di costruzione marittima e portuale, che cancellarono
molti stabilimenti balneari popolari suscitando malumori e petizioni da
parte dei cittadini. Nel 1909 venne costruito, interamente in legno, il
"Nuovo Bagno Militare", in prossimità dello storico bagno
pubblico "Lanterna". Negli anni '30 venne edificato, nei pressi
del bagno militare, lo "Sabilimento Balneare Ausonia", costruito
con tecniche e materiali di avanguardia. Il Bagno Militare venne a sua
volta ristrutturato e consolidato, aperto anche ai civili e rinominato
"Stabilimento Balneare Savoia". I due stabilimenti si fusero
in un unico corpo con la costruzione di un pontile di raccordo, assumendo
quindi la conformazione attuale. Ancora oggi la zona destra dell'Ausonia
è pavimentata in legno e viene denominata "Savoia" dai
suoi frequentatori. Nei decenni successivi furono apportate diverse modifiche
all'edificio, senza tuttavia alterarne l'identità strutturale e
storica. Particolarmente rilevante fu l'opera di restauro ed ampliamento
del 1954, resasi necessaria a causa dei danni provocati da una violentissima
mareggiata.
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Molo Bandiera 2, Stabilimento alla Lanterna (Il Pedocin): Il dott. Antonio Iellrsitz, in occasione della conferenza tenutasi alla Società Triestina d'Igiene nel 1896, così esordiva: "Posto precipuo ebbero sempre i bagni quale mezzo potentissimo a mantenere la salute, a prevenire e combattere i gravi morbi, a illeggiadrire il corpo e consolidare lo spirito. Ma mentre la scienza, in ogni modo e con ogni sforzo, tenta di preservare l'umanità dai molteplici pericoli che minacciano la sua esistenza ed il suo sviluppo, riesce doloroso di vedere constatare, come troppo di frequente, la umanità istessa, trascurando siffatti principi igienici fondamentali, contribuisca al proprio deperimento". Alla fine del XIX secolo si lamentava a Trieste la mancanza di specifiche strutture permanenti che permettessero ai cittadini di usufruire dei benefici del bagno, di fatto esisteva solo la possibilità di avvalersi, data la naturale conformità delle coste, delle rive della zona di S. Andrea, ovviamente solo durante la stagione estiva. Ma la situazione non doveva essere particolarmente felice, se è vero che le spiagge, a ridosso degli opifici industriali, si presentavano in condizioni igienico-sanitarie alquanto disastrose, prive com'erano di qualsiasi comodità, decenza e pulizia. La soluzione si prospettò, alla fine del secolo, allorquando il Comune ottenne in concessione il tratto di spiaggia dietro il molo di Santa Teresa. Il Bagno Popolare Alla Lanterna, ormai noto familiarmente come "Pedocin", fu aperto nel 1903 e costruito dalla Ditta Rocco & Compagni che ne fu, probabilmente, anche l'artefice del progetto. Lo stabilimento mantiene ancora oggi, cosa ormai unica nel suo genere, l'originaria divisione tra la parte maschile e quella femminile. Un alto muro bianco, all'epoca della sua apertura, di legno, giunge quasi a lambire l'acqua, evitando così ogni contatto visivo tra uomini e donne, riuscendo a mantenere viva una tradizione ormai più che centenaria. Il molo, su cui si sviluppa lo stabilimento, poggia sui resti di un'antica struttura di derivazione romana che congiungeva la terra ferma con l'isolotto detto dello Zuccho e la cui struttura era ancora visibile, durante la bassa marea, all'inizio del XVIII secolo. Lasciato andare in rovina per lungo tempo, l'opera venne ripristinata già all'epoca di Carlo VI allorquando si pose la necessità di difendere il nuovo Lazzaretto di S. Carlo dalla violenza dei marosi. Il completamento del molo si deve invece a Maria Teresa, la quale, nel 1750, riprese il lavoro paterno con lo scopo di evidenziarne il carattere difensivo, munendo il terrapieno di cannoni. Il molo mantenne la sua caratteristica militare fino alla metà dell'800 allorquando, una volta spianati gli spalti, venne allargato. Il Bagno alla Lanterna fu restaurato nell'immediato dopoguerra a causa dei danni subiti durante i bombardamenti del 1944. Descrizione morfo - tipologica:Lo Stabilimento Balneare alla Lanterna si posiziona in prossimità del centro storico urbano e della Lanterna progettata da Matteo Pertsch, da cui prende il nome. La spiaggia ciottolosa è rivolta ad ovest ed è separata dalle strutture limitrofe da un basso corpo di fabbrica porticato ad uso spogliatoio con copertura piana. La struttura edilizia monopiano a pianta simmetrica è composta da un piccolo atrio di accesso centrale con un corpo servizi, un magazzino e la stanza del custode. Da qui si accede alle due ali dello stabilimento, separate da un muro e destinate alle donne quella a sinistra, agli uomini quella di destra. La struttura portante è completamente costituita da elementi in calcestruzzo armato gettato in opera. (da:
http://biblioteche.comune.trieste.it) |
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